lunedì 15 agosto 2016

Un approccio allo studio dei modelli scientifici

Nella mia tesina per l'abilitazione tra i vari aspetti affrontati ho dato particolare rilievo alle modalità con cui si possono studiare in classe i modelli scientifici. La tesina era centrata sulle scienze della Terra; in questa disciplina i modelli scientifici sono ampiamente utilizzati anche nella attività di ricerca dato che i fenomeni geologici non possono essere riprodotti in un laboratorio senza fare ricorso a un modello. Inoltre l'assunto secondo cui il presente è la chiave per comprendere il passato implica una conoscenza basata sulla analogia (e quindi sulla modellizzazione) del passato attraverso il presente. Per tutte queste ragioni l'uso dei modelli si presta ad una efficace trasposizione didattica dei fenomeni geologici.
Secondo Duncan Sibley (1) i modelli utilizzati nelle scienze della Terra sono essenzialmente delle analogie. Per comprendere queste ultime la mente deve attivare cinque processi cognitivi descritti nel dettaglio da Gentner e Colhoun (2). Riporto questi cinque processi nella tabella seguente:


Il lavoro di elaborazione che eseguono gli alunni dopo aver studiato un modello in laboratorio allora, è efficace se ripercorre questi cinque processi cognitivi, preferibilmente attraverso una riflessione metacognitiva.
Nella tesina proponevo di utilizzare, a questo scopo, uno strumento euristico proposto da Gowin, il diagramma a V. Avevo scelto il diagramma a V perchè è uno strumento che consente di stabilire una correlazione tra gli aspetti teorici e procedurali di una esperienza di laboratorio, nel caso del modello quindi si poteva stabilire una correlazione tra la realtà (o meglio la rappresentazione esperta condivisa dalla comunità scientifica) e il modello sperimentale utilizzato in laboratorio. Proponevo quindi di riportare i primi quattro processi cognitivi di Gentner e Colhoun nel versante teorico della V di Gowin e gli aspetti concreti del modello visto in laboratorio nel versante operativo.
L'adattamento che ne è risultato è riportato nello schema seguente:



Gli esempi che avevo riportato nella tesina erano presi dal sito Earthlearningideas.org che elenca innumerevoli esperienze e modelli per le scienze della Terra, in particolare avevo preso come esempio l'esperienza "Shaken but not stirred" per la quale vi riporto il link al file pdf in inglese:  http://www.earthlearningidea.com/PDF/112_Shaken_not_stirred.pdf.
Per questa esperienza il diagramma a V risultante era il seguente:



Negli anni seguenti ho provato ad utilizzare questo approccio in classe, in particolare ho avuto l'opportunità di utilizzarlo in classi prime. Gli alunni di 14-15 anni però hanno mostrato difficoltà ad utilizzare il diagramma di Gowin, sia per la difficltà di compilare un grafico di quella forma che per l'astrattezza dei descrittori delle varie sezioni. Allora ho ripiegato su una tradizionale relazione di laboratorio strutturata in modo da evidenziare comunque i processi cognitivi formalizzati da Gentner e Colhoun.
La relazione quindi era organizzata in modo da richiedere una risposta alle seguenti domande:


Anche con questo schema alcuni allievi mostravano delle difficoltà pertanto ho fatto ricorso ad una applicazione online per fornire supporto e feedback alla classe durante la stesura della relazione. Si tratta di kaizena, un sito che si integra con il LMS Google apps for education e permette di fornire dei feedback agli alunni riducendo nel contempo il carico di lavoro del docente. In particolare kaizena consente di condividere una prima bozza del lavoro svolto tra il docente e il singolo allievo o anche tra il docente e l'intera classe. Il docente può quindi fornire delle indicazioni sul lavoro svolto sia sotto forma di feddback scritti che come registrazione audio. E' possibile anche costruire librerie di feedback precompilati per poterli riutilizzare con studenti diversi. Nel corso dell'ultimo anno scolastico con il supporto di Kaizena ho ottenuto ottimi risultati in una classe prima di Liceo delle Scienze Applicate, risultati misurati con il supporto di una rubrica valutativa.
Riporto di seguito una schermata di kaizena che si riferisce alla relazione della esperienza "Cycling water and heat in the lab" (earthlearningideas.org).



(1) Sibley, D. F. (2009) A cognitive framework for reasoning with scientific models:  Journal of Geoscience Education. v. 57, n. 4, p. 255-263.
(2) Gentner, D., & Colhoun, J. (2010) Analogical processes in human thinking and learning. In B. Glatzeder, V. Goel, & A. von Müller (Vol. Eds.), On Thinking: Vol. 2. Towards a Theory of Thinking, pp 35-48. Springer-Verlag.

domenica 14 agosto 2016

Un percorso PBL sugli shopper di plastica degradabili

Recentemente in un corso di aggiornamento ho avuto l'opportunità di approfondire alcuni aspetti pratici del Project Based Learning. Lo schema del metodo presentato in questo corso si adatta perfettamente ad un percorso didattico che ho realizzato nell'a.s. 2007/2008 presso l'Istituto Tecnico Commerciale Leon Battista Alberti di San Donà di Piave. Proverò allora a descrivere alcune caratteristiche del PBL prendendo come esempio questo percorso didattico. A quell'epoca erano ancora presenti le sperimentazioni abolite dalla riforma Gelmini e la classe in cui insegnavo era appunto una di queste sperimentazioni, caratterizzata dall'insegnamento integrato delle scienze, per cui lo stesso docente insegnava contemporaneamente scienze naturali, chimica e fisica. Nella classe in cui insegnavo, una classe prima, avevo a disposizione quattro ore settimanali e il programma prevedeva contenuti di fisica, scienze della Terra e ecologia suddivisi per moduli che occupavano tutto il monte ore settimanale. La significativa disponibilità di risorse, sia in termini di ore settimanali che in termini di laboratori di scienze e di informatica mi ha permesso di sperimentare un percorso basato sulla indagine a partire da una idea degli studenti stessi.


A quell'epoca nei supermercati Coop venivano utilizzati dei sacchetti di plastica che dopo trentasei mesi si degradavano, polverizzandosi in particelle finissime. Durante il modulo di ecologia ho avuto occasione di parlare di questi shopper e di far vedere agli alunni un sacchetto in fase avanzata di degradazione, da qui gli alunni stessi hanno proposto di fare una attività di ricerca per studiare il processo di degradazione degli shopper. Ha preso avvio, allora un percorso di indagine a gruppi in cui ogni gruppo studiava un possibile fattore che poteva influire sui tempi di degradazione dei sacchetti. Considerato che i tempi di degradazione normali arrivavano ai 36 mesi non c'era realmente la possibilità di misurare i tempi effettivi di degradazione dato che tutto doveva concludersi entro l'anno scolastico ma la parte più interessante, come appunto è nei percorsi di PBL, non stava nel risultato ma nel percorso seguito. Con il supporto del docente la classe si è impegnata nella messa a punto di test sperimentali per studiare l'influenza di diversi fattori sui tempi di degradazione dei sacchetti. L'attività quindi era centrata sugli aspetti procedurali della scienza, in particolare sull'experimental design, si trattava di identificare variabile dipendente, variabile indipendente e di definire tutte le variabili controllate dell'esperimento. Come compito significativo veniva chiesto ai gruppi di collaborare tra loro nella realizzazione di un wiki online in cui relazionare sull'esperimento svolto. Il wiki è ancora oggi online alla pagina https://stival-edu.wikispaces.com/1.+Introduzione


Vediamo allora quali sono gli aspetti significativi di questo percorso.
1. Una domanda significativa che attivi l'interesse degli alunni.
In questo caso la domanda di partenza è stata posta dagli alunni stessi durante la lezione per cui si può dire la la strada di questo percorso è stata subito in discesa, con un forte coinvolgimento e una forte motivazione da parte di tutta la classe.

2. Il progetto è collegato col mondo reale.
All'epoca c'era una vivace discussione sui danni provocati dai sacchetti di plastica che ha portato, negli anni successivi, a vietarne l'uso.

3. Gli studenti progettano il processo che porta alla risposta relativa alla domanda iniziale.
In questo caso la progettazione delle prove sperimentali era il fulcro stesso del progetto dato che l'obiettivo era sviluppare competenze relative agli spetti procedurali della scienza.

4. Nel progetto vengono sviluppate competenze chiave di cittadinanza.
Le competenze chiave che sono state attivate nel percorso riguardavano le competenze collaborative, dato che gli alunni lavoravano per gruppi e le competenze digitali, dato che dovevano realizzare un wiki da pubblicare online. All'epoca la mia carriera di insegnante era ancora agli inizi e devo dire che lavorare sulle competenze collaborative è stato l'aspetto più critico; se c'è una competenza che il docente deve possedere per poter lavorare con metodi alternativi all'istruzione diretta è sicuramente la capacità di gestire la classe.

5. Viene realizzato un prodotto finale.
In questo caso il prodotto non erano i risultati della sperimentazione, che non era possibile ottenere entro la fine dell'anno scolastico ma il wiki di classe, realizzato in orario scolastico nell'aula di informatica e integrato dal lavoro svolto a casa dagli studenti su base volontaria.


Come ho già accennato il punto più critico di tutto il percorso è stata la gestione della classe durante le attività di gruppo e la risoluzione dei conflitti o delle incomprensioni che nascevano all'interno dei singoli gruppi. Una ulteriore difficoltà per gli studenti ha riguardato le competenze digitali, si trattava infatti di alunni di quattordici anni e, sebbene il programma per la realizzazione del wiki fosse estremamente semplice, all'inizio del lavoro non tutti erano in grado di utilizzarlo. In questo caso però è stata sufficiente la collaborazione tra pari per far sviluppare a tutti le competenze necessarie alla realizzazione del sito.
Rileggendo gli aspetti didattici del percorso a qualche anno di distanza devo dire che quello che ho più trascurato è stata la valutazione. All'epoca ho valutato il lavoro svolto con criteri abbastanza arbitrari e poco definiti, oggi utilizzerei l'approccio trifocale di Calvani partendo da due distinte rubriche valutative, una per il lavoro sperimentale e la attività di experimental design e una per la realizzazione del wiki, inoltre integrerei la valutazione del docente con una autovalutazione in chiave metacognitiva, attraverso un diario degli apprendimenti e con una valutazione tra pari, sia sulla procedura sperimentale messa a punto in laboratorio che sulle pagine realizzate nel wiki.

domenica 19 luglio 2015

Struttura della conoscenza scientifica

Una prima efficace descrizione della struttura della conoscenza è stata data da Bruner (1966) secondo cui gli studenti dovevano essere capaci di rappresentare i fenomeni a tre distinti livelli: l'enattivo, l'iconico e il simbolico. L'enattivo si riferisce ai fenomeni che possono essere osservati, riguarda la dimensione dell'esperienza percepita attraverso i cinque sensi. Il livello iconico si riferisce alle rappresentazioni interne, ai modelli, mentre il livello simbolico si riferisce alle rappresentazioni astratte: linguaggio, simboli, definizioni, formule utilizzate per descrivere i fenomeni. Per una comprensione effettiva dei fenomeni è necessario saperli rappresentare a tutti e tre i livelli. Nel 1991 Johnstone ha proposto un modello analogo per la conoscenza scientifica chiamato "I tre livelli concettuali della comprensione scientifica". I tre livelli identificati da Johnstone sono il livello macroscopico, il livello sub-microscopico e il livello simbolico. Al livello macroscopico lo studente fa esperienza del fenomeno attraverso dimostrazioni e esperienze di laboratorio, il livello sub-microscopico studia i fenomeni che avvengono al livello di molecole e atomi [Gabel (1999) nell'ambito della didattica della chimica ha proposto di rinominare questo livello chiamandolo livello particellare], il livello simbolico si riferisce alle formule scientifiche, alle equazioni, alle definizioni. Recentemente Hitt & Townsend (2004) hanno proposto di rinominare il livello sub-microscopico in livello del modellamento dato che tutte le rappresentazioni a livello molecolare e atomico fanno ricorso a modelli per rappresentare i fenomeni, inoltre questa terminologia permette di estendere questa rappresentazione a discipline diverse dalla fisica e dalla chimica, la biologia ad esempio utilizza modelli per descrivere i processi e le strutture a livello subcellulare, e a diversi livelli di scala ad esempio permette di includere i modelli atmosferici utilizzati in meteorologia.
Consideriamo ad esempio il concetto di reazione chimica: può essere comunicato a livello macroscopico sottolineando come le sostanze possono avere o non avere la tendenza a dare una data reazione, può essere comunicato a livello di modello evidenziando come gli atomi che costituiscono le molecole si riarrangiano durante una reazione e può essere comunicato a livello simbolico attraverso la equazione chimica che descrive la reazione bilanciata. Dal momento che la rappresentazione a livello di modello e la rappresentazione simbolica hanno una natura astratta è più probabile che per queste rappresentazioni si formino delle misconcezioni.
Hitt, A., and J.S. Townsend. 2007. Getting to the core issues of science teaching: A model-based approach to science instruction. Science Educator 16(2): 20–26


mercoledì 15 luglio 2015

Project based learning (apprendimento basato su progetti) e Problem based learning (apprendimento basato su problemi)

Entrambi questi metodi didattici sono focalizzati nell'insegnare coinvolgendo gli studenti in una attività di ricerca. Presentano dei tratti in comune e degli aspetti specifici.

Sono entrambi caratterizzati dai seguenti aspetti:

1) L'apprendimento è guidato dalla risoluzione di problemi a soluzione aperta ovvero problemi in cui non esiste una unica risposta corretta.
2) I problemi/casi e i progetti sono contestualizzati in situazioni specifiche (reali o simulate).
3) Gli studenti sono autonomi nel lavoro, investigatori e risolutori di problemi in piccoli gruppi
4) L'insegnante adotta il ruolo di facilitatore dell'apprendimento, formulando domande pertinenti, strutturando compiti significativi, guidando il processo di apprendimento e promuovendo un ambiente di scoperta che porta a migliorare la struttura delle conoscenze e le abilità sociali.

Piuttosto che avere l'insegnante che comunica fatti e poi verifica la memorizzazione degli stessi, i metodi PBL insegnano a applicare la conoscenza in nuove situazioni.
I fautori di questi metodi ritengono che:

1) Sviluppano il pensiero critico e le abilità creative
2) Migliorano l'abilità di problem-solving
3) Aumentano la motivazione
4) Aiutano gli studenti ad apprendere e a trasferire la conoscenza in nuove situazioni
5) Possono essere utilizzati come organizzatori per progettare l'intero curricolo.

Tra le critiche formulate a questi metodi la principale è che gli studenti, lavorando autonomamente alla ricerca di una soluzione, non capiscono quali aspetti teorici sia realmente importante imparare, soprattutto in aree in cui non hanno esperienze pregresse, quindi diventa fondamentale verificare le preconoscenze degli allievi. Un'altra critica è che consumano molto tempo riducendo significativamente il programma che può essere svolto.

Relativamente agli aspetti specifici dei due metodi il project based learning è caratterizzato da:

  • essere multidisciplinare
  • fare ricorso a un fenomeno da investigare o casi/problemi reali
  • portare alla realizzazione di un prodotto o di una prestazione

Il problem based learning è caratterizzato da:

  • essere spesso monodisciplinare
  • fare ricorso a problemi reali oppure a simulazioni costruite intorno a casi o scenari immaginati
  • richiedere meno tempo rispetto al project based learning
  • portare spesso alla semplice proposta di una soluzione al problema, comunicata in forma scritta o orale.

Per entrambi i metodi i riferimenti teorici possono essere fatti risalire al lavoro di John Dewey il quale riteneva che la didattica deve fare appello agli istinti naturali degli studenti di investigare e di creare (Delisle 1997). Il problem based learning in particolare è stato inventato nel 1960 alla medical school della McMaster University in Canada.

domenica 1 marzo 2015

Flipped Classroom–Proposta per una attività di analisi del testo nelle ore di lezione.

Quest'anno in due classi di liceo classico e due di liceo scientifico ho utilizzato il metodo della flipped classroom. In sostituzione delle spiegazioni ho prodotto una serie di video pubblicati nella mia pagina di youtube:

https://www.youtube.com/playlist?list=PLqYFdK8sXRxNQV0j4jYN-axJKhao6oY4M

corredati da audio e materiale grafico resi disponibili nel sito http://stival-edu.blogspot.it. Quello di cui voglio parlare però, è come ho utilizzato il tempo in classe. Una buona parte se ne è andata in richieste di spiegazione da parte degli alunni e in interrogazioni per verificare che il materiale fosse stato visionato, il restante, circa venti minuti per ogni lezione, è stato dedicato ad una attività di approfondimento sulla comprensione del testo scientifico.
Questo lavoro è centrato sulla analisi e sulla classificazione del testo studiato a partire da un elenco di concetti che hanno una valenza metacognitiva e che ho chiamato concetti soglia, ispirandomi all'idea dei threshold concepts di Jan Meyer e Ray Land. La finalità del lavoro è di abituare gli allievi a comprendere il testo con gli stessi strumenti cognitivi che utilizzano gli esperti della disciplina; chi è esperto infatti, quando legge un testo scientifico lo analizza istintivamente a partire dalle categorie elencate nei concetti soglia. Non fanno così gli adolescenti che non possiedono ancora una rete di nodi concettuali sufficientemente sofisticata da cogliere immediatamente la struttura alla base del testo. L'idea fondante di questa attività è che esercitandosi nella analisi del testo a partire dagli stessi concetti utilizzati dai lettori esperti possono accelerare lo sviluppo delle competenze necessarie per comprendere il testo secondo modalità esperte.
I concetti li trovate in parte elencati nel video seguente:

I concetti riportati nel video sono quelli presentati ad inizio anno, successivamente vengono introdotti concetti meno frequenti e vengono definiti ulteriormente i concetti già presentati aggiungendo eventuali attributi. Agli allievi viene chiesto inizialmente di analizzare il testo capoverso per capoverso e di classificare il contenuto attribuendolo ad uno dei concetti soglia. Quando gli allievi hanno preso dimestichezza con l'esercizio vengono introdotte come ulteriori voci per la classificazione quattro diverse tipologie di spiegazioni, in modo da poter classificare anche quelle parti di testo che non hanno una natura descrittiva ma sono essenzialmente esplicative.
Le tipologie di spiegazioni proposte sono:
spiegazione di causa-effetto, in cui vengono descritte le cause o le conseguenze di un fenomeno
spiegazione definizione, in cui viene data la definizione di un concetto,
spiegazione attributo, in cui vengono descritte le caratteristiche di un fenomeno
spiegazione semplice, per classificare tutte quelle parti di testo in cui non vengono descritti concetti soglia né vengono spiegati fenomeni, ad esempio le introduzioni.
Dopo cinque mesi di lavoro i concetti utilizzati sono aumentati, li riporto nella lista seguente:

Sistema
Processo (eventualmente stazionario, non all'equilibrio, reversibile, irreversibile)
Processo ciclico
Modello
Struttura (eventualmente omologa o analoga)
Comportamento
Funzione (eventualmente fisiologica o adattativa)
Vincolo
Gradiente
Flusso

Classificazione.


Il testo analizzato inoltre non viene più suddiviso capoverso per capoverso, viene invece lasciato agli allievi il compito di identificare le suddivisioni a partire dal contenuto stesso.
All'esercizio di analisi viene affiancato un esercizio di rielaborazione attraverso le mappe concettuali, nel quale si chiede di effettuare una analisi del testo e successivamente di riportare i contenuti identificati in una mappa concettuale, stabilendo delle relazioni tra i concetti precedentemente classificati nelle categorie dei concetti soglia.
L'analisi si può applicare anche a quelle attività di laboratorio in cui viene studiato un modello, il modello stesso può essere analizzato in termini di struttura del modello e di processo modellizzato, si può chiedere inizialmente agli allievi di identificare strutture e processi e poi di analizzarli ulteriormente attraverso gli altri concetti soglia. Quello che ho verificato è che attraverso questa analisi riescono a descrivere i processi modellizzati senza una precedente spiegazione del docente ma unicamente con una guida, ad esempio con una discussione basata sul metodo socratico. Successivamente agli allievi viene chiesto di redigere una relazione a partire dalle categorie di analisi dei modelli definite da Gentner D. e Colhoun J., in Analogical processes in human thinking and learning. In B. Glatzeder, V. Goel, & A. von Müller (Vol. Eds.), On Thinking: Vol. 2. Towards a Theory of Thinking, pp 35-48. Springer-Verlag, a questo aspetto però, dedicherò un altro post.



martedì 17 febbraio 2015

L’apprendimento delle scienze naturali

Una mappa che ho realizzato a partire dal testo “The sourcebook for teaching science” di Norman Herr

venerdì 12 dicembre 2014

Student Response Systems a bassa tecnologia

Durante la spiegazione e il ripasso possono tornare utili le tecnologie basate sui Student Response Systems che consentono di avere un feedback immediato e eventualmente anonimo su quanto è stato compreso l’argomento. La versione a bassa tecnologia è data da semplici foglietti con scritto Si/No o Vero/Falso che vengono sollevati dagli alunni in risposta ad un quesito dell’insegnante.
Al collegamento seguente:
link
trovate un modello in formato A4 per openoffice o libreoffice da stampare in fronte retro per avere i foglietti vero/falso. Sostituendo le lettere si può stampare facilmente anche il foglietto Si/No.
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